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Comunale |
16/04/1972 |
h.15.30 |
TORINO - ATALANTA 1-0 (0-0) Torino: Castellini, Mozzini, Fossati, Zecchini, Cereser, Agroppi, Rampanti, Crivelli (al 24' Ferrini), Pulici, Sala C., Toschi. A disposizione: Sattolo. All.: Giagnoni. Atalanta: Pianta, Maggioni, Divina, Savoia, Vavassori, Leoncini, Sacco (al 67' Moro), Bianchi, Magistrelli, Pirola, Ferradini. A disposizione: Bodini. All.: Corsini. Arbitro: Angonese di Mestre. Reti: Rampanti 52'. Spettatori: 29.822 di cui 23.301 paganti e 6.521 abbonati per un incasso di 51.619.800 lire. Note: Ammonito Divina. Cronaca [Tratto da La Stampa del 17 aprile 1972] Ad un primo in classifica si guarda in bocca? Non vince il Milan a Verona per un rigore fallito da Prati, non vince la Juventus a Mantova malgrado un poderoso avvio, e al sempiterno Gigi Riva solo i granata resistono, anzi mantengono la posizione con l'obbiettivo-scudetto. Ma abbiamo visto Giagnoni (colbacco tradizionale e sciarpa scaramantica malgrado la primavera: arriveremo al cappotto in caso di spareggio?) aizzare i suoi uomini con gesti rabbiosi verso la mezz'ora del primo tempo, e uscire poi dal campo con faccia aggrondata. Torino solo in vetta, Torino vincente, ma non tremendista, anzi messo in gravi affanni da un'Atalanta che sembrava, talvolta, l'Inter dei bei tempi. I sarcastici tifosi granata hanno subito affibbiato a Ferradini, giovane ed aitante (e neppur sprovvedutissimo) attaccante bergamasco, un teorico diploma ad honorem: perché il nerazzurro si è mangiato due gol quasi fatti al 19' e al 40' del primo tempo. A tanta grazia il Toro, un po' ansimante, poteva rispondere solo con molta confusione a centrocampo e con una (unica) azione perentoria all'inizio della ripresa: quando Rampanti è andato a segno dopo un'impeccabile manovra tra Pulici e Toschi che hanno liberato in area l'ala destra torinese, freddamente capace di piazzare il suo destro. Ma è tradizione che un campionato, nell'ultimo sprint, lo si giochi un po' a tocchi. Nessuna squadra è più quella dell'avvio, ove non si annida stanchezza subentra una maggiore responsabilità, che corrode i nervi e quindi insidia la facilità di manovra, di disposizione in campo. Il Toro che già patì molto contro il Napoli (ma creando varie palle-gol sbagliate) stavolta ha messo in rilievo un'Atalanta piena di verve, di geometria, di voglie non solo accademiche. Sul triangolo Leoncini-Sacco-Pirola, sulla disponibilità a tutto campo di Bianchi che avrà vinto decine di duelli, sulla funzionalità magistrale di Savoia (un libero che non ha fallito un solo intervento: se ci fosse stato Zio Valcareggi, che avrebbe pensato?), i nerazzurri si sono disposti ad affrontare in bellezza i granata, mai desistendo dall'idea di fabbricar football. E qui il Torino, in alcune zone troppo stanco o ingenuo o arruffone, ha dovuto subire: gli mancava, tra l'altro, un cervello dello stampo di Bui, che non spreca palloni e distribuisce con ordine, facendo da torre e faro per i compagni lanciati nei contropiedi. Rampanti ha sostenuto il maggior lavoro d'un centrocampo negletto e ansimante, dove Agroppi (restio ad entrare per diffida?) o si risparmia o non è più - al cento per cento - il bel mediano che avremmo visto volentieri in Nazionale, e dove Ferrini, sostituendo Crivelli, ha dovuto sacrificarsi in un lavoro oscuro di interdizione, visti i nerazzurri scatenati ma ordinatissimi sia nel disimpegno sia nell'impostar contrattacchi. Ha vinto il Toro, gloria a lui. Ma onestà vuole che si riconosca l'impaccio della squadra granata, per 45 minuti soggetta agli schemi di un'Atalanta prodiga e persin | bella. Durante l'intero primo tempo solo Ferrini, al 25', con una cannonata su punizione ha impegnato il portiere Pianta. Mentre i bergamaschi si erano mossi sveltamente, giocando di prima e liberando ogni volta un Bianchi che pareva il Toscanini nerazzurro, talmente sapeva filtrare, opporsi, recuperare e spingersi in avanti. C'era anche un grigio (di capelli e di idee) segnalinee: al 19' non vede unfuorigioco atalantino e lascia libero arbitrio a Ferradini, che con l'acquiescenza di Angonese si trova solo davanti a Castellini in rovinosissima, disperata uscita: il giovane nerazzurro si vede parare così un'incredibile palla-gol. Al 39' Fossati riesce a indirizzare un cross per Pulici, ma il centravanti torinese sbaglia in acrobazia. Un minuto dopo ancora Ferradini (che tocca bene ma poi si impaccia nel concludere) fruisce d'un traversone di Sacco, è a tre passi dal portiere granata ma mira al di là del palo, tra tanti sospiri casalinghi di ringraziamento. I bandieroni, gli stendardi piccoli e grandi, le trombe granata fremono e tremano. Anche se tutti attendono come ultima assoluzione e catarsi il gol in extremis di un Toschi. C'è una nuova striscia di tela al Comunale, stavolta, inneggia al Granata power, un potere che però bisognerebbe dimostrare con ben altra prestazione. Manca Bui, Agroppi è in sordina, Sala è costretto a retrocedere per irrobustire un centrocampo dilaniato dagli affondi geometrici degli atalantini, ma se è Granata power. Che si riveli. Inizia la ripresa, e una goccia di rabbia (sommata all'ordine indispensabile) dà il suo frutto. Settimo minuto: è lanciato Pulici che resiste a una doppia carica e devia per Toschi, il topo è prontissimo a smistar palla in area dove è scattato con perfetta sincronizzazione Rampanti. Un destro secco dal basso in alto e Pianta è fatto fuori. Ma l'Atalanta continua, conducendo un forcing di discreto aspetto e di buona impostazione: anche se al 15' (azione Ferrini-Sala che appoggia su Pulici, tocco per Toschi che batte tra palo e terzino) i granata paiono aver rispolverato almeno il ricordo del loro tremendismo. Ribattono i nerazzurri con un tiro di Savoia, il libero, e tra i migliori in campo, riassumendo la direzione di manovre piacevoli in teoria ma che spingono alla disperazione il pubblico torinese. Troppe volte Toschi o Pulici sono bevuti in fuorigioco, troppe volte l'intero Torino è costretto a retrocedere per opporsi agli slanci nerazzurri, tanto che vediamo Sala arretrare e procurare calci d'angolo sui quali, se tutto funzionasse, dovrebbe invece impostarsi in avanti per appoggiare l'azione di rimessa. Al 25' Toschi fila via (per una rara volta) e spara alto pur avendo Pulici libero sulla destra. Al 29' Fossati, imbeccato da Sala, tira a rete benché possa effettuare un più utile cross a spiovere in area. Al 39' una punizione di Sala scopre la testa di Agroppi avanzato ma Pianta blocca la testata del mediano torinese. Ultimo brivido a due minuti dalla fine, quando una deviazione atalantina sorvola la traversa granata. Il primato costa: sia prima sia dopo, sia inseguendolo sia difendendolo. Dobbiamo dire che il Torino di oggi ha qualcosa in meno rispetto alla carica dimostrata alcune settimane fa. A Giagnoni, ai più responsabili dei suoi uomini il compito di darsi una quadratura, uno scheletro non improvvisato secondo le alterne fasi d'una gara. Domenica prossima è già Milan, un Milan che a San Siro vorrà difendere le sue estreme possibilità di scudetto. E Rocco è maestro nell'ordire tranelli, anche se non ha poi gli uomini per andare al di là di pregevoli pareggi, come si è visto in varie occasioni, quest'anno. Ma il Torino capintesta ora ha obblighi decisivi e sfibranti. Lo circondano voci disposte a parlare di fortuna. Ben venga, questa fortuna, ad una squadra torinese, purché poi sappia sfruttarla a dovere. E dunque: sciarpa, colbacco scaramantico, scongiuri e senso di responsabilità. Serve tutto: Juventus | permettendo, il braccio di ferro tra Torino e Gigi Riva si gioca a San Siro, campo da primi della classe. Ma i granata, per farcela, devono ritrovarsi in pieno. Se lo scudetto può essere torinese, e con il simbolo del Toro, il suo passaggio obbligato è Milano. Il furbo parere di Scopigno lo sentiremo un altro lunedì. |
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