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Comunale
10/12/1972
h.14.30
TORINO - NAPOLI 0-0
Torino
: Castellini, Masiello, Fossati, Mozzini, Zecchini, Agroppi, Novellino, Ferrini, Bui, Maddé (al 66' Toschi), Pulici. A disposizione: Sattolo. All.: Giagnoni.
Napoli: Carmignani, Bruscolotti, Pogliana, Zurlini, Vavassori, Rimbano, Damiani (al 73' Abbondanza), Esposito, Cané, Improta, Mariani. A disposizione: Nardini. All.: Chiappella.
Arbitro: Angonese di Mestre.
Reti: -
Spettatori: 29.959 di cui 9.036 abbonati e 20.923 paganti.
Cronaca
[Tratto da La Stampa dell' 11 dicembre 1972]
Uno zero a zero giocato, non frutto di opposte trincee. Ma proprio qui sta la doppia delusione: da parte granata per le sfasature messe in rilievo da troppi uomini; da parte azzurra per certe occasioni che solo la bravura di Castellini ha saputo contrastare. Dammi quattro centrocampisti quasi liberi e dovrei farti vedere buon football. Invece no. Alla freschezza, all'agilità dei ragazzetti di Chiappella (che sa di calcio, come dimostra da anni) la squadra torinese ha risposto con eccessiva svagatezza, mai impostando un'azione lineare e profonda, con palla a terra per Paolino Pulici. L'unico pallone agibile l'attaccante granata l'ha ricevuto da Toschi al 29' della ripresa. Scarti e finte del nano, tocco in profondità per Pulici che è prontissimo col sinistro. Carmignani riesce a deviare in corner un'ottima palla-gol. Ed è tutto il pericolo creato dai granata nel secondo tempo, che avrebbe invece dovuto mettere in vetrina un secondo passo più coerente e determinato, non un tremendismo pallido, all'acqua di rose. Ha sbagliato molto Fossati, ha sbagliato anche se corso Agroppi, giù di tono. Ferrini cercava rauchi suggerimenti pedalando ma Maddè era scavalcato troppo facilmente dagli avversari. Il male del Toro è tutto in questo rilievo: l'anno magro continua, Giagnoni deve lavorare molto per restituire amalgama e persino temperamento ai suoi uomini. Il Napoli non ruba proprio nulla al Comunale, ha fatto vedere schemi piacevoli anche se poco incisivi, e due volte s'è portato in zona-gol: al 26' della ripresa un tiro-cross di Vavassori (che Bui non aveva seguito) trova prontissima la fronte di Mariani per una girata fulminea che Castellini blocca. Al 33' una stangata da venticinque metri dello stesso Mariani costringe il portiere torinese a volare per una deviazione in corner. La cronaca di uno zero a zero è sempre squallida, malgrado le occasioni costruite durante la gara. Fermiamoci piuttosto su alcuni dati che possono spiegare il pomeriggio trascorso - con rudi condimenti - tra granata ed azzurri. Il Torino parte con eleganza, si direbbe voglia e possa far bottino subito. Bui è il perno di ogni azione, un Bui che per venti minuti costituisce autentico show. Tocchi di prima, rovesciata a bicicletta, due tiri pericolosi a sfiorare i pali, dialoghi con i compagni e ricerca persino della squisitezza tecnica. Forse troppa squisitezza. Perché se Bui sa toccare di tacco e può rischiare l'esibizione, i compagni che lo imitano risultano più grossolani e avventati. Bui parla un paio di lingue, in football, mentre ha accanto a sé ragazzi che conoscono solo un dialetto. Quindi, per eccesso di perfezionismo e di smania aggraziata, non sempre certi palloni smistati dal lungo attaccante possono essere sfruttati da chi gli sta intorno. Non è un cavillo critico, è il sunto di una lunga serie d'annotazioni legate ai fatti del primo tempo. Venti minuti di fiorente accademia, non sempre capita dai compagni - ripetiamo - e mezz'ora di assenza quasi totale sul finire della gara: ecco il Bui di oggi, da otto all'inizio e quasi senza voto alla fine. La carburazione dell'attacco granata dipende soprattutto da un certo suo agire meno narcisistico (che procura applausi ma non fornisce pallonicapiti al volo dagli altri torinesi). A Pulici, del resto, sono mancati anche i cross bassi e lunghi di Agroppi. Aggiungiamo a questo il pasticciare del centrocampo, incerto e talora imbelle con mille tocchetti, ed è inevitabile impelagarsi in uno zero a zero. La difesa del Napoli, partito chiusissimo, ha temuto a lungo Bui. Tanto che Vavassori, terrorizzato, regalava corner a non finire pur di liberarsi del pallone. Via via registrandosi a centrocampo, con un Improta elegante ma anche sobrio, gli azzurri impostavano meglio la loro gara di rimessa, finendo col crescere nella seconda frazione. Avessero avuto un centravanti vero, guai al Torino. Ma il canuto Cane sa far qualcosa ancora da fermo, non ha più scatto, inoltre veniva abbattuto come uno zio Tom qualsiasi. A proposito di abbattimenti: veniamo ad Angonese, arbitro che non raggiunge certo la sufficienza. Tollera pur fischiando, non ammonisce anche se vede alcune prese da rugby (Rimbano su Novellino al 27' della ripresa), insomma è l'esempio classico dello scadimento d'una categoria che vanta personaggi eccellenti ma, nell'insieme, troppe mezze figure. A parere nostro, ha perdonato due falli in area napoletana che meritavano almeno una punizione, se non un penalty: al 30' Zurlini falcia Pulici al limite e Angonese agita la manina teatrante per dire avanti tutta, al 4' della ripresa, Pogliana stende Novellino a pochi passi dal rigore, ed ancora Angonese guarda in su. Forse non è contrario ai metodi rudi nei confronti dei giovanetti. Quindi Novellino, di nome e di fatto, chissà quante pagnotte dovrà masticare per avere l'età da rigore, somigli o no a Monzon. Alcune ingenuità hanno commesso i pivelli, cioè lo stesso Novellino e Masiello, ma alternandole a momenti di rispettabile impegno: anche per loro bisogna aggiungere che devono inserirsi nel meccanismo granata, sempreché questo sappia darsi una smerigliata, togliersi la ruggine. Ed è evidente che un Rampanti o un Crivelli, più puntuali nelle triangolazioni, servono meglio di Maddè, che tocca bene il pallone ma spesso non marca o tarda a ripiegare. Al 6' della ripresa Maddè è imbeccato da una traiettoria bassa di Ferrini che lo trova solo e libero: roba da leccarsi le dita. Il numero dieci fila via, poi si lascia barbinamente raggiungere. Tiriamo un velo. E' chiaro che al Toro necessitano nuove proteine: il ritorno di Sala può restituire fantasia all'attacco, specie nei dialoghi con Bui, e riequilibrare un centrocampo che talora ansima. La difesa se la cava, anche se con qualche affanno (vero Mozzini, pur ottimo in alcuni stacchi aerei?). Le cose migliori, fino ad oggi, i granata le hanno fatte vedere impostando partite sul contrare il gioco altrui, per poi infilarlo con arrembanti contropiedi. Se ci si getta a far gioco - o almeno si tenta - allora emergono difetti, improvvisazioni, mediocrità. Il tremendismo fu un propellente da missile iniettato nel motore d'un solido camioncino. Ora bisogna che a questo camioncino vengano strette alcune viti, più di un bullone. Provare per credere. Anzi: provare per far gol. Il vecchio cuore granata non ha bisogno d'un Barnard, può riacquistare il suo tono cardiaco da solo, con vigorosi automassaggi. E la Cucaracha dei tamburi e delle trombe che tempestano dalle gradinate, deve scendere nelle gambe di chi gioca. Corri, ragazzo, corri. Risolverai i tuoi problemi.