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Olimpico di Roma |
13/01/1974 |
h.14.30 |
LAZIO - TORINO 0-1 (0-0) Lazio: Pulici F., Facco, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi (al 63' Franzoni), Chinaglia, Frustalupi, D'Amico. A disposizione: Moriggi, Inselvini. All.: Maestrelli. Torino: Castellini, Lombardo, Fossati, Zecchini, Cereser, Agroppi, Rampanti, Ferrini (al 46' Mascetti), Graziani, Salvadori, Pulici P. A disposizione: Sattolo, Vernacchia. All.: Giagnoni. Arbitro: Giunti di Arezzo. Reti: Graziani 55'. Spettatori: 46.289 di cui 18.315 abbonati e 27.974 paganti per un incasso di 94.728.600 lire. Note: Giornata di tiepido sole, terreno asciutto. Ammonito Agroppi per gioco scorretto. Calci d'angolo 10-4 per la Lazio. Sorteggiati per il controllo antidoping Wilson, Chinaglia, D'Amico, Agroppi, Pulici e Mascetti. Cronaca [Tratto da La Stampa del 14 gennaio 1974] E li chiamavano ancora tremendisti! Con questa nota da western si può commentare, in male e in bene, in prodigalità e sacrificio, in fortuna e rabbia agonistica, la partita dei granata all'Olimpico. Il Torino non vinceva da chissà quanto tempo in trasferta, a Roma non passava addirittura da diciotto anni. La tredicesima lo ha aiutato a combinare alla Lazio un'incredibile fattura. Approfittando della disinvoltura biancoceleste, e in seguito dell'affanno che ha congelato il cuore e il ritmo degli uomini di Maestrelli, la squadra subalpina ha messo a segno la zampata decisiva, ha sprecato l'enormità di sei palloni-gol, ha liquefatto una Lazio scesa a livello velleitario, e che ora certe oche del Campidoglio non sapranno più come giustificare. Non critichiamo Chinaglia e compagni: patiscono il Toro come bestia nera tradizionale (ogni club ne ha una), si sono accinti alla gara con qualche preoccupazione ma anche confidando nella loro superiorità. Dopotutto al Toro mancavano fior di uomini, e cioè un tris quale Sala - Bui - Mozzini. Maestrelli ha quindi risicato la carta Re Cecconi. importante pedina biancoceleste, ma uomo acciaccato che non ha retto allo sforzo: la sua sostituzione nella ripresa ha levato alla squadra romana una spinta che di solito si misura su schemi previsti fino alla minuzia, ed ha offerto al Torino occasioni incredibili in contropiede. Se i granata fossero usciti dall'Olimpico con il mostruoso risultato di 5-0, sarebbe caduta in deliquio e stupore mezza Italia ma non gli spettatori presenti allo stadio romano, letteralmente agghiacciati e persuasi dalla legittimità del successo torinese (che il beato Lenzini, nel suo fiuto, s'era rifiutato di pronosticare) . Primo tempo con il Torino arroccato, non titubante ma attentissimo nel rispettare marcature e raccordi. Si nota subito che Giagnoni ha studiato meticolosamente le caratteristiche degli avversari: ecco infatti Agroppl che frena e talora supera Re Cecconi, ecco Fossati che chiude il pericoloso Nanni, ecco ancora Ferrini tenere testa a Frustalupi, mentre Zecchini, tornato stopper, non cede un centimetro a Chinaglia (gli lascerà tre battute in novanta minuti). Proprio il risveglio smeraldino di Zecca nel suo ruolo naturale e di Cereser riapparso trincea quasi insuperabile danno tonico al torello. Spesso i tifosi ci hanno scritto lettere (mielate o atroci) per i voti inflitti nelle pagelle al due giocatori torinesi: ma ecco che, riportati alle loro vere funzioni, non sbagliano più, anzi si districano nella giungla d'una partita che poteva compromettere l'avvenire del Toro '74. E' casuale? E' terno al lotto? E' per favore delle circostanze? Dicevamo da mesi: il Torino ha una rosa rispettabile, persino vasta, da impiegare a dovere e senza timori. Ritrovatosi con gli uomini contati, Giagnoni inventa e manovra la partita come due anni fa, quando nacque il famoso tremendismo, ed i giocatori gli corrispondono - finalmente! - consapevoli che qui o si fanno punti o ''addio ceci''. L'intero primo tempo trascorre in perfetto stallo scacchistico. Ruota nell'aria il fantasma d'uno 0-0 che già potrebbe risultare gradito in casa torinese. Per tre azioni in profondità condotte dal ventaglio laziale (che sembra lodevole, anche se stranamente molle) i granata rispondono con altrettanti contropiedi, un po' anchilosati dalla mancanza di Bui che certo sfrutterebbe al meglio certi cross alti, sui quali i piccoletti tipo Wilson si trovano a disagio. Ma la partita - cronaca ed anima - è tutta nella ripresa: dura esattamente trentacinque minuti, quanti ne passano dal gol granata alla fine. Siamo al 10': Graziani riceve da Salvadori (magnifico in disimpegni ed aperture), salta un paio di difensori biancocelesti rimasti marmorizzati, Pulici esce dai pali ma il mezzo diagonale dell'attaccante torinese non fallisce. E' l'1-0. e sembra già sogno di mezza estate. Il gol risveglierà la Lazio? Macché. La costringe al forcing, questo è vero, ma la espone anche ai più accademici contropiedi granata. E' il 13' e Rampanti si pappa un gol quasi fatto su servizio in profondità di Mascetti, che tiene legami sicuri tra difesa ed attacco. E' il 15' e Graziani supera tutti (l'ultimo tocco servizievole è di Pulici) ma il portiere laziale riesce ad opporsi di piede. E' il 15' e Pupi viene spintonato in area. E' il 21' e ancora il contropiede granata sfiora il gol: azione di Rampanti dal vertice sinistro, il suo passaggio trova Graziani e Pulici troppo lanciati in area, il servizio si perde alle loro spalle. E riecco Pulici, al 22', che offre un fulmineo colpo di falce a radere la traversa. Tutti commentano: ma chi si aspettava questo Toro in continuo crescendo? Sembra una carica valchiriana. Non stanno sprecando troppo? La Lazio cerca di riassestarsi in avanti, ma non ha idee imprevedibili, ripete schemi che la grinta difensiva granata contrasta bravamente: Chinaglia chiama due volte giaguaro Castellini al lavoro, Cereser si avventa a chiudere i corridoi, Salvadori - Rampanti Agroppi fanno cerniera, Zecchini svetta tra cumuli di teschi. Al 36', quinto pallone-gol torinese gettato alle ortiche: combinazione Graziani - Pulici Rampanti, tutti e tre esitano anziché battere a rete, e in molti urlano (ma anch'io) che andrebbero inseguiti da piazza San Pietro a piazza Carlo Felice a sassate. Un minuto dopo Agroppi sprinta In area, ha ancora la lucidità di tirare, il portiere laziale devia in disperatissima uscita, è la sesta pallagol del Toro! Una rovesciata da pochi metri di Chinaglia al 40', qualche affondo ormai sconsolato dei biancocelesti e cala il sipario. Il tremendismo esce vittorioso da uno dei campi più illustri e difficili della serie A ripetevamo da mesi: al Torino basterebbe (anzi: sarebbe batata) la convinzione. Se ha vinto contro madama Lazio benché privo di quel famoso tris composto da Bui-Sala-Mozzini, perché ha seminato o s'è lasciato levar punti altrove? Le possibilità v'erano tute: una gara simile all'Olimpio non va attribuita solo all'apporto della fortuna, va misurata sulle doti naturali del gioco, che il Toro possedeva, ossiede ma sciorina solo a ratti. Decenza, dignità, impegno esigono che i granatieri onorino, dopo questa domenica romana, un loro speciale campionato. Se non può essere scudetto (ma avrebbero dovuto sentirsi in corsa con convinzione grande da ottobre) siano almeno manifestazioni e tenute d'orgoglio su ogni campo. Recuperando Sala, Bui, e lo stesso Pulici (è ancora sotto limite, certo non avrebbe sbagliato nel primo tempo ciò che - stanco - ha fallito nella ripresa) i torinesi possono ancora sconvolgere la trama del campionato. E' proprio la vittoria sulla Lazio ad impegnarli. Mentre la stessa Lazio, stupefatta di sé e della perdita, deve riguardarsi nello specchio. Se da bella diventa stucchevole (cioè prevedibile, moscia, monotona, pur su ritmi da rispettare) può sfuggirle uno scudetto, che insegue, oscuramente o chiaramente, da oltre un anno. Il Toro, caricandola, la obbliga da oggi a riscoprire la sua verità. |
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