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Olimpico di Roma
25/04/1976
h.15.30
LAZIO - TORINO 1-1 (0-0)
Lazio
: Pulici, Ammoniaci, Martini, Wilson, Polentes, Badiani, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, D'Amico, Lopez. A disposizione: Moriggi, Ghedin, Giordano. All.: Maestrelli.
Torino: Castellini, Santin, Salvadori, P.Sala, Mozzini, Caporale, C.Sala, Pecci, Graziani, Zaccarelli, Pulici. A disposizione: Cazzaniga, Gorin II, Garritano. All.: Radice.
Arbitro: Michelotti di Parma.
Reti: Aut.Claudio Sala 64' (L), Aut. Re Cecconi 89' (T).
Spettatori: 42.594 per un incasso di lire 92.633.200, di cui 24.926 paganti più 17.668 abbonati.
Note: A gara iniziata il sole ha forato le nuvole, buono il clima, buono il terreno. Sono stati ammoniti: Salvadori e Claudio Sala per gioco falloso, Garlaschelli per proteste. Nessun incidente apparentemente grave. Calci d'angolo 8 a 6 per il Torino. Negativo il sorteggio per il controllo antidoping. In tribuna Fulvio Bernardini.
Cronaca
[Tratto da La Stampa del 26 aprile 1976]
Il Torino mette alla prova se stesso ed i tifosi con un finale di stagione vietato a chi non ha cuore sanissimo. Dopo le emozioni del match in casa contro la Fiorentina, oggi i granata hanno fatto ancora meglio (ovvero peggio). Hanno dimenticato le loro caratteristiche migliori, quelle che li hanno portati in vetta alla classifica, per buona parte della gara: per svegliarsi hanno dovuto trovarsi in svantaggio, su una banalissima autorete, al 18' della ripresa, ed allora si sono decisi ad aggredire, a schiacciare la Lazio nella sua area trasformando di botto il sino allora disoccupato Wilson nell'eroe della giornata, baluardo invalicabile di fronte ai cross ed agli inserimenti frontali di Pecci e colleghi. La rimonta comunque pareva non doversi concretizzare, già i granata ringraziavano la Roma (che li aveva confortati segnando con Petrini subito dopo l'autogol di Sala) e assaltavano con un occhio al campo ed uno al tabellone dei risultati, quando Santin ha trovato forza e spazio per l'ultimo affondo. Entrato in area ha fintato un'apertura sulla sinistra, ha stretto sul centro, ha tentato una puntata più disperata che precisa: la palla ha trovato lo stinco di Re Cecconi, ha avuto un sobbalzo, si è infilata in rete alla sinistra del Pulici laziale. Maestrelli in panchina è sbiancato in volto. Radice è balzato sul prato per abbracciare i ragazzi. Michelotti ha fischiato la fine. Il gol - e lo scudetto, chissà - è arrivato per il Torino a trenta secondi dalla conclusione del match. Un colpo di fortuna, senza dubbio, perché se è vero che alla fin fine l'uno a uno è venuto fuori da due autoreti (ancora più banale ed evitabile, ripetiamo, quella di Sala che ha stoppato malamente col corpo un cross di Garlaschelli, temendo forse il sopraggiungere di avversari che non c'erano), è altrettanto vero che nel periodo in cui il Torino non era lui la Lazio ne aveva approfittato, creando due o tre pericoli grossi per Castellini e ponendo quasi sempre in difficoltà il centrocampo granata. La Lazio per i cinquanta minuti centrali della combattutissima gara (si possono lasciare al Torino i primi quindici, nel quali ha controllato abbastanza agevolmente il gioco, ed i 25 dell'arrembaggio) è stata la più forte in campo. Solo Chinaglia, già con il pensiero agli Stati Uniti ed alle modalità della fuga, non ha fatto blocco con i compagni. Magari avrebbe voluto, ma il calcio non è fatto solo di i muscoli. Se non c'è concentrazione, non c'è rendimento. Gli altri biancazzurri hanno disputato la miglior partita della stagione: lo hanno detto loro stessi, il pubblico che li ha finalmente salutati con applausi. Maestrelli e tutti i dirigenti. E il destino del Torino quello di galvanizzare gli avversari. Era già successo la prima giornata a Bologna, poi a Perugia, con la stessa Fiorentina domenica scorsa. I tori sono gli altri, vedono granata e si caricano. Stavolta, però, i laziali avevano motivi ben concreti per battersi al massimo. I tifosi, già tesi per la vicenda Chinaglia e la gaffe di Cesena, li avevano minacciati in settimana: o una grande prestazione, o troverete una brutta accoglienza all'uscita dall'Olimpico. Si temevano incidenti, la polizia era in forze ed in assetto da battaglia già prima del match. Non ce ne è stato bisogno: la gente voleva una prova di coraggio, di dedizione: la squadra l'ha data tardi. Il clima teso della vigilia può avere avuto il suo peso condizionante sul Torino, ma pensiamo che altri fattori abbiano agito negativamente sulla prestazione della squadra per più di metà gara. Gigi Radice esclude che i suoi siano andati in campo con ordini, o dichiarate intenzioni, diverse da sempre. Ed allora s'è trattato di una questione psicologica (lo scudetto è troppo e comprensibilmente atteso da tutto l'ambiente, per i più giovani e per tipi come Caporale può sembrare, ed è un traguardo da sogno). Nella quale si inseriscono però ben precisi rallentamenti di due o tre elementi chiave. Claudio Sala e Pecci in prima linea. Claudio solo nel finale, con la forza della volontà e l'orgoglio del capitano, è arrivato sul fondo a cercare il cross, e sono stati subito pericoli per Felice Pulici. Prima si è mosso sui tre quarti senza molta efficacia, condizionato ed irritato anche dall'ammonizione frettolosa sparatagli addosso da Michelotti: sono così mancati alle punte, già fiacche per conto loro. I servizi migliori, i centri che arrivano incontro e sono più facili da cercare di testa: su palle lunghe dalle retrovie Pulici o Graziani sono stati facilmente domati dalla difesa. E Pecci ha mostrato la corda pasticciando in alcune occasioni, impantanandosi fra i centrocampisti avversari, cercando la via del dribbling a testa bassa, non trovando spazio per i lanci. Con un centrocampo a mezzo servizio, l'edificio granata ha barcollato. Il pressing di tanti successi lo abbiamo rivisto solo nel finale, quando le cose erano complicate dall'affanno por la rimonta. E' stata la Lazio ad attaccare il Torino, che ha confermato nell'occasione che non deve tradire il suo spirito di gioco. Noi restiamo dell'idea che il modulo non è stato abbandonato per cause imprecisate, ma è stato imposto dall'appannamento di alcuni uomini chiave. Se cede in qualche punto, il gioco corale non può più essere efficace, ed allora magari inconsciamente la squadra ha cercato di impostare la gara con contenimento dell'avversario. Dopo un inizio prudente, con palla manovrata a centrocampo, la Lazio ha dato il primo scrollone all'avversario poco dopo il quarto d'ora. Castellini ha ribattuto su Chinaglia di piede, la palla uscendo ha urtato il laziale ma la rimessa è stata assegnata ai biancazzurri. Sul successivo cross c'era Chinaglia in fuori gioco (il guardalinee ha alzato chiaramente la bandierina) ma l'arbitro non ha visto, e Santin è stato costretto a salvare in angolo alla meglio. Ancora pericolo grosso per Castellini al 20' quando Chinaglia ha sbagliato clamorosamente l'aggancio su cross di Garlaschelli. La folla aveva l'illusione del gol poco dopo, ma Chinaglia era partito in fuori gioco su tocco di Lopez e vana era la sua puntata alle spalle di Castellini. Con rare risposte dei granata (una botta alta di Zaccarelli, una bella girata ed un colpo di testa di Pulici) era la Lazio ad attaccare di più anche in apertura di ripresa. Ed a segnare al 63', per altro in modo fortunoso, con l'autorete di Sala che faccia alla porta sbagliava per pura precipitazione. Il Torino dimostrava subito una rabbiosa forza di reazione, l'area della Lazio ribolliva di giocatori, ma i minuti passavano senza risultato. Ai laziali restavano rari e fiacchi contropiede, Felice Pulici si salvava in alcune occasioni alla meglio e capitolava in extremis, tradito da Re Cecconi. Per la prima volta nella stagione, il Torino raccoglieva più del seminato.