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Garilli
14/04/1996
h.16.00
PIACENZA - TORINO 1-0 (1-0)
Piacenza
: Taibi, Polonia, Lorenzini (al 55' Rossini), Moretti, Conte, Lucci, Turrini, Carbone, Caccia (al 68' Cappellini), Corini, Piovani. A disposizione: Simoni, Maccoppi, Brioschi. All.: Cagni.
Torino: Biato, Falcone, Dal Canto (al 9' Longo), Bacci, Mezzano, Maltagliati, Simo (al 70' Bernardi), Bernardini, Karic (al 57' Dionigi), Minaudo, Rizzitelli. A disposizione: Doardo, Sommese. All.: Vieri.
Arbitro: Boggi di Salerno.
Reti: Piovani 1'.
Spettatori: 13.739 di cui 7.814 abbonati e 5.925 paganti, 2.500 dei quali sostenitori del Torino.
Note: Ammoniti Dal Canto, Piovani, Bacci, Longo, Caccia e Corini. Gravissimi incidenti al termine della partita tra sostenitori granata e forze dell'ordine.
Cronaca
[Tratto da La Stampa del 16 aprile 1996]
E' finita come peggio non poteva finire, con il Toro virtualmente in serie B e i suoi tifosi protagonisti di ignobili tumulti. Piacenza altro non è che l'ultima tappa di un viaggio all'inferno lungo unta stagione e mortificante quanto la tragica gestione di Calleri. Fra l'involontario gol che Piovani estrae dal suo ruspante cilindro dopo cinquanta secondi e la traversa che Rizzitelli coglie al di là del tempo regolamentare, si agitano i fantasmi di una società ostaggio del destino e di dirigenti imbelli. Non meritava di perdere, il Toro, ammesso che possa servire di consolazione. Per un tempo, giochicchia meglio dei ruvidi avversari: poi, però, si scioglie. Avvilito, impotente, Lido Vieri assiste, dalla panchina, a uno scempio che esula dai suoi demeriti, dal suo non portar fortuna (quattro partite, quattro sconfitte). Gli manca più di mezza squadra, fra squalificati (Angloma, Cristallini, Milanese, Sogliano) e infortunati (Caniato, Cravero, Pel&ecute;). Quel brav'uomo di Cagni, viceversa, deve rinunciare soltanto a Di Francesco. Il Toro, questo Toro slabbrato e tremebondo, avrebbe bisogno di un avvio soft, di un rodaggio incoraggiante, di un piccolo sorriso. Come non detto. Al primo palpito, finisce al tappeto. E al secondo, perde Dal Canto, naso rotto. Figuriamoci. La partita è di una rara bruttezza, nervosa a pelo d'erba, tesa, tesissima, sugli spalti. Il Piacenza incarta il regalo e lo difende con il cuore, con i denti, con le ultime scorte di benzina e malizia. I granata ci provano. Da libero funge Mezzano, Maltagliati si dedica a un Caccia stranamente impacciato, lui che è il tiratore scelto dei piacentini, Falcone tiene d'occhio Piovani, Bacci e Simo, a sinistra, fronteggiano Turrini e Moretti; Longo e Bernardini, a destra, si occupano di Carbone e Lorenzini. Minaudo gironzola intorno a Corini mentre, là davanti, Conte bracca Rizzitelli e Polonia morde Karic, protetti dallo scafato Lucci. Il Piacenza si ferma al gol: non c'è poesia, nella sua grossolana Maginot, ma angoscia, speranza, umiltà. Rizzitelli (due volte) e Longo fanno di Taibi il migliore in campo, se non altro per i riflessi e l'agilità. Prima di crollare, Simo (classe 1978) distribuisce qualche buon pallone. Di sicuro, il Toro palesa una dignità di gran lunga superiore a quella del suo presidente, scappato nell'intervallo, e dei suoi scellerati ultra. Macinano metri, i granata, creano mischie, impegnano il Piacenza. Nella ripresa, non più. La squadra si accartoccia, vinta, rassegnata. Parlare di schemi non ha senso. La posta in palio schiaccia i protagonisti. Cagni invita le sue guarnigioni a osare di più. Si scorgono, qui e là, pallidi contropiedi, al culmine dei quali Caccia, Moretti e Piovani sprecano il raddoppio. Gli innesti di Bernardi e Dionigi, al posto di Simo e Karic, non producono nulla di concreto, se non rimpianti, se non rimorsi. Ironia della sorte, il Toro chiude con quattro giovani del vivaio allo sbaraglio, Mezzano, Falcone, Longo, Bernardi. Una volta era programmazione, adesso è disperazione. Più passa il tempo, più i granata perdono fiducia, si smarriscono, procedono per tentativi sempre più flebili e velleitari. Sull'altro fronte, ecco Rossini per Lorenzini e Cappellini per Caccia. La sfida è un tamburello straziante, e la traversa di un rabbioso Rizzitelli la tessera che mancava per completare il macabro mosaico. Baciato dalla sorte, il Piacenza fa mucchio, sordo alle sirene del dolce stil novo. I tifosi si preparino a intitolare una piazza o una via a Gigi Cagni, se mai lo salverà. Il Toro si arrende in piena guerriglia, fra striscioni immondi. Come a Napoli, mercoledì, ha raccolto meno di quanto aveva seminato, pur tenuto conto di tutti i suoi difetti, di tutte le sue debolezze. Il fallimento, l'umiliazione, a Piacenza non vengono che vidimati, ma risalgono a tempi (non) sospetti. Ora bisogna ricostruire. Non sarà facile.