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Filadelfia
21/10/1928
h.15.00
TORINO - TRIESTINA 12-0 (5-0)
Torino
: Bosia, Vincenzi, Monti III, Colombari, Janni, Sperone, Vezzani, Baloncieri, Libonatti, Rossetti II, Franzoni.
Triestina: Gazzari I, Cudicini, Gazzari II, Capitanio, Vollono, Rigotti, Montana, Scheer, Ostromann, Plemich, Povero.
Arbitro: Cassetta di Milano.
Reti: Rossetti II 4', 13', 20', 81', 83', Vezzani 7', Libonatti 28', 66', 78' Janni 53', Aut.Vollono 54', Baloncieri 72'.
Note: Assiste all'incontro il comandante Ferrario, ospite, in via privata, del Torino FC per l'intera giornata. Al valoroso aviatore venne consegnata dal conte Marone di Cinzano, tramite una piccola e intima cerimonia, la tessera di socio onorario. Osservato un minuto di silenzio in memoria della scomparsa di Carlo del Prete, aviatore scomparso intimo amico del suddetto Ferrario. Pioggia battente per tutta la durata dela partita, terreno acquitrinoso, buona l'affluenza di pubblico sugli spalti.
Cronaca
[Tratto da La Stampa del 22 ottobre 1928]
In casa propria e su un terreno reso difficile dalla pioggia caduta a dirotto durante tutta la giornata il Torino ha vinto il suo terzo incontro in Campionato per la impressionante marcatura di 12 a zero. Le propirzioni del successo ottenuto dalla squadra Campione d'Italia indurrerebbero a credere che, per la stessa differenza di valore esistente fra i due avversari, la gara sia stata scialba ed incolore e che essa si sia ridotta ad un lungo e monotono assedio alla rocca degli ospiti. Nulla di più errato. La partita ha realizzato il miracolo di essere interessante, bella e vivace pur con un risultato così schiacciante per una delle due parti in causa. Interessante per il giuoco addirittura spettacoloso svolto dai vincitori. Il Torino si trova in un periodo di forma irresistibile. E' il corpo sano, forte, robusto che ha raggiunto la maturità. Il Campionato vinto gli ha conferito esperienza e fiducia nelle proprie forze. L'alto valore tecnico dei suoi singoli elementi fa il rimanente. "Nothing succeds, like success" dicono gli inglesi. Nulla riesce così bene come quello che riesce. Nessuna spinta alla vittoria è così potente come quella che deriva dai successi ottenuti. Il Torino è abituato alla vittoria. Ed ha assunto il suo tono autorevole di sbrigar le situazioni, un suo modo energico, sicuro, preciso, di comportarsi, un suo piglio superiore che confonde e scombussola l'avversario moralmente ancor prima che materialmente. Non v'è da equivocare. Il giuoco che svolge al momento attuale la squadra granata appartiene alla miglior qualità che si sia vista mai da parte di squadre italiane. Giuoco dalle basi profondamente tecniche, ma vario, fluido, attraente, cnodotto con brio e vivacità non legato a formule nè a preferenze, un giuoco disinvolto ed autorevole in pari tempo. Quando il calcio è giocato nel tono, nello stile, e nella perfezione di ieri, esso si avvicina all'arte, me lo si lasci dire. L'attacco, che l'anno scorso pareva mancare di confidenza nelle ali, sfrutta ora appieno l'aumentato valore di Vezzani e di Franzoni. Il lavoro risulta così distribuito su un fronte più largo e la macchina più difficile da fermare. La macchina della squadra è di attacco in modo essenziale, ancora come per il passato. Ma attacco che beneficia della straordinaria condizione fisica di tutti gli uomini, della meravigliosa padronanza della palla di ogni singolo elemento e del raffinato grado di amalgama raggiunto. Giudicare la squadra triestina dopo un simile incontro e contro simile avversario, non è la cosa più facile di questo mondo. Evidentemente la squadra della Venezia Giulia vale di più di quanto il risultato lascia adito a supporre. Lo dimostra il fatto che, malgrado la rilevantissima marcatura subita, essa riuscì a dar serio lavoro alla difesa torinese ed a impegnare Bosia in tutta una serie di parate difficili. Quando si considera il lavoro della squadra perdente in u incontro come quello di ieri, occorre, se si vuol essere equanimi e precisi, tenere il fattore morale. Ad un dato punto i triestini apparvero ieri come soggiogati, affascinati quasi dal bagliore di quanto avveniva sotto i loro occhi. E' la resa morale che avviene prima della resa materiale, anzi malgrado che la resa materiale non avvenne mai. E questo costituisce uno dei meriti della Triestina. Altre unità quando si accorgono che hanno a che fare con un avversario di levatura superiore rinunciano ad attaccare, richiamano indietro tutti i loro elementi e si asserragliano in difesa. L'incontro ne risulta come bellezza e come tecnica totalmente rovinato, ma il disastro viene evitato. I triestini ebbero il grande merito sportivo di continuare a lottare onestamente anche quando le cose volgevano a male; mantennero un carattere aperto alle ostilità anche dopo che la loro rocca avesse capitolato una diecina di volte. Altri avrebbero sacrificato il giuoco ed i suoi aspetti esteriori pur di ridurre le proporzioni dell'insuccesso. La gara si è descritta quando si menzioni che il Torino segnò cinque volte nel primo tempo per merito di Rossetti, Vezzani, Rossetti, Rossetti e Libonatti e sette volte nella ripresa ad opera di Janni, Libonatti, Libonatti, Baloncieri, Libonatti, Rossetti e Rossetti. La rocca triestina capitolò in tutta una gamma di tonalità e di modi differenti, per tiri della violenza di cannonate, per finte, per combinazioni, per palloni sibilanti come saette e per altri che scivolavano gentilmente nella rete sguarnita. C'era di che accontentare il più elegante degli spettatori.