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Delle Alpi |
14/10/2001 |
h.15.00 |
JUVENTUS - TORINO 3-3 (3-0) Juventus: Buffon, Zenoni (Ferrara al 64'), Thuram, Iuliano, Pessotto, Zambrotta, Tudor, Tacchinardi, Nedved, Del Piero (Salas al 73'), Trezeguet. A disposizione: Carini, Paramatti, Rondinella, Maresca, Pericard. All. Lippi. Torino: Bucci, Mezzano, Galante, Delli Carri, Asta, Cauet, Semioli (Vergassola al 46'), De Ascentis, Castellini, Lucarelli (Maspero al 78'), Osmanovski (Ferrante al 46'). A disposizione: Sorrentino, Comotto, Brambilla - All. Camolese. Arbitro: Borriello di Mantova. Reti: Del Piero 9', 24' (J), Tudor 11' (J), Lucarelli 57' (T), Ferrante 70' (T), Maspero 83' (T). Spettatori: 29.239, tutti paganti (la partita era fuori abbonamento) per un incasso di 1.622.122.000. Note: Ammoniti Zenoni, Cauet, Semioli, Lucarelli, Vergassola, Bucci e Tudor. Angoli 3-3. Cronaca [Tratto da La Repubblica del 15 ottobre 2001] Se la Juve avesse perso di brutto, non sarebbe così stordita. E se il Toro avesse vinto comunque, anche con un colpo di fortuna nei minuti di recupero, non sarebbe così felice. Perché questo pareggio pazzesco che si chiama derby non è solo la prova che il calcio è il regno dell'incredibile, ma è la conferma che certe partite si giocano più con la testa che con i piedi, più con i nervi, con la speranza, con l'utopia che con la classe. La Juventus non l'ha capito e paga un prezzo enorme, altro che uscire dalla crisi. C'è più dentro di prima, se possibile. E Lippi, che era un discreto allenatore di cervelli e che adesso leva Del Piero, unica vera risorsa sempre pronta, comincia a far nascere il dubbio che il buon Carletto Ancelotti non fosse proprio bollito e da buttare. Dodici minuti: due a zero per la Juve. Ventisei minuti: tre a zero. Finita? Sì, ma nelle anime bianconere che si spengono. Invece quelle granata si accendono sempre sull'orlo della disperazione, dentro l'abisso più buio. Entra Ferrante, quello che era fuori rosa. Entra e mette tre volte il piede nell'impossibile, tre azioni e tre gol. Oddio, sarebbe più da Toro perderla, questa partita assurda, dopo averla pareggiata, e difatti arriva il rigore (netto) per la Juve a due minuti dalla fine, con Delli Carri che atterra Tudor. Tira Salas perché Del Piero è stato sostituito dopo la doppietta (lui, invece di Trezeguet inesistente, ecco l'errore blu di Lippi). Lo tira Salas e lo spara nella curva dei suoi tifosi, ma è come se lo spedisse direttamente nello stomaco di undici milioni di juventini sparsi nel mondo. Tre a tre, se ne parlerà ai nipotini. Commenta il giudice Caselli: ''Fermare la Juve è un lavoro socialmente utile''. Per mezza partita il Toro era sembrato patetico e la Juve si stava allenando. Ciclopici errori granata a lanciare l'avversario, e Nedved s'infilava ovunque. Suo il pallone per il primo gol di Del Piero, e complimenti al motivatore personale del numero dieci, il tutor (infatti la Juve sembra una classe del Cepu) nonchè pubblico ministero Chiusano, che dopo aver criticato il fantasista (''Non è più lui'') regala un'altra frase memorabile: ''Nessuno è invincibile, nemmeno gli Stati Uniti''. Ancora di Nedved il tocco che avvia l'azione del raddoppio e l'imbeccata per il tris. C'è una squadra sola in campo, l'altra sembra il dopolavoro di Fantozzi, con Osmanovski nella parte del ragionier Filini. Infatti Camolese, praticamente esonerato nell'intervallo, lo leva e dice a Ferrante di pensarci lui. Ferrante ci pensa. Così: prima passa a Lucarelli il pallone dell'uno/tre, poi trasforma il rigore del due/tre (il fallo è di Thuram su Asta), infine incorna per un mezzo miracolo di Buffon, mano lunga a deviare però sulle unghie di Maspero. Tre a tre. L' incredibile si colora di granata. Ma l'incredibile è soprattutto dentro la Juve, dentro quegli undici pupazzi improvvisamente vuoti. E se Thuram sbaglia tre volte nelle tre reti del Toro, sono tutti gli altri a navigare in un'angoscia da psicanalisi (in effetti, il responsabile del settore medico bianconero è uno psichiatra, però non serve a molto). La Juventus pensa che sia finita, oppure ha paura di giocare, vede avvicinarsi l'impossibile e lo rimuove, lo esclude come eventualità: tipico dei deboli e degli immaturi. Dopo, Lippi dirà: ''Questo non è da grande squadra''. Ma, accidenti, per cosa l'hanno richiamato a fare? Per togliere Del Piero, unico in grado di risolvere sempre? Non è Lippi che dovrebbe trapanare nei cervelli dei suoi pezzi pregiati l' idea della grandezza? Solo timore, invece. Timore da bambini. Il Toro ha il fiuto di capirlo, è come per gli animali, la paura ha un odore preciso e i granata lo captano. Non sono fenomeni, tutt' altro, sono una banda di poveracci ma non mollano, al contrario della grande Juventus che ha lasciato il cuore negli spogliatoi. E mentre la curva Maratona estrae striscioni che poteva risparmiarsi (''Oi oioi, Bin Laden è uno di voi'' e ''Gobbi talebani''), l' impossibile prende forma, ora lo si può quasi toccare. Lucarelli, Ferrante, Maspero. I bianconeri non vincono da un mese e fanno una figura da sprovveduti, accade quando qualcuno li attacca: si chiami Chievo o Porto, Roma o Lecce, Rosenborg oppure Torino, il Toro. Esce dunque Del Piero, colui che avrebbe avuto in corpo l'esattezza di un rigore estremo, il rigore che invece il suo sostituto Salas spreca. Ancelotti non avrebbe mai tolto Del Piero, sibila una voce in tribuna, perché lo aspettava pure quando era un cadavere. Manca la controprova, ma forse non serve nemmeno. Bastano le prove. E quelle sono tutte contro la Juve. |
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